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Le delizie della signorina Ashikawa - Takase Junko

Ho terminato questo romanzo proprio in concomitanza con la gara di nuoto, durante le Olimpiadi, di colei che ha "osato" guadagnarsi solo il quarto posto, perdendo il podio per un centesimo di secondo.
Devo dire che come molto spesso avviene, le coincidenze tra quello che leggo e quello che accade nel mondo o semplicemente intorno a me si confermano alquanto stupefacenti.
Non si tratta di un romanzo di chissà quale spessore o che provoca chissà quale sensazione di piacere e curiosità leggendolo, però letto con la giusta “lente”, ha il suo perché.

È un libro incentrato sul tema dell’auto-determinazione, di come, cioè, si decide di vivere e di reagire alle conseguenze del proprio auto-determinarsi. Ed è un romanzo che fotografa via via anche le reazioni degli altri rispetto all’auto-determinazione di chi sta intorno.

Emerge forte il concetto del giudizio rispetto alle scelte degli altri (scelte sentimentali, familiari, lavorative, sociali e persino culinarie): spesso, cioè, si tende a giudicare chi non fa quello che farebbe la maggior parte delle persone, non considerando per nulla il fatto che forse queste farebbero o non farebbero qualcosa solo perché spinte da una convenzione sociale o magari da una distorsione del senso del dovere e non invece da un sano esercizio di vita. Dove per “sano esercizio di vita” si intende "semplicemente" una maggiore consapevolezza di ciò di cui cuore, corpo e mente hanno bisogno in un determinato momento.
Esempio lampante proprio delle ultime ore, come accennavo prima, è il giudizio gratuito di Elisa Di Francisca su Benedetta Pilato, “colpevole” (ma anche no) di essere felice nonostante, ovvero di essere contenta comunque, anche stando appena un po' più in basso rispetto al podio.
Questo romanzo a suo modo aiuta a comprendere proprio questo: si può essere liberi anche -e soprattutto- di decidere come si vuole essere felici. Ogni pensiero degli altri a riguardo, più che essere inopportuno, è proprio inutile.

Non è un libro che consiglierei perché non ne ho amato molto la scrittura, ma, come visto, è stato comunque uno spunto per riflettere.

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